L’agente di assicurazione: l’assetto professionale e imprenditoriale che lo contraddistingue dagli agenti di commercio

L’agente di assicurazioni si pone come figura a sé stante nel panorama dei rapporti agenziali e dei soggetti che ne sono mandatari.

Tale peculiarità è dovuta al sistema distributivo in campo assicurativo, da sempre denotato da caratteristiche proprie che lo contraddistinguono dagli agenti di commercio (in senso lato).
E questa specificità economico-sociale è stata sin da subito recepita anche nella specifica disciplina giuridica.

Già all’epoca dell’entrata in vigore del codice civile, il legislatore ha infatti statuito che le regole, valevoli generalmente (e in alcuni casi inderogabilmente) per tutti gli altri tipi di agenzia secondo gli artt. 1742 e ss., trovino invece applicazione per l’agente di assicurazioni solamente qualora gli usi di settore non stabiliscano altrimenti.

Tale disposizione, cristallizzata nell’art. 1753 c.c., riconosce dunque la peculiarità di tale figura, denotata non solo da regole collettive distinte da tutti gli altri agenti (Accordo Nazionale Agenti per il settore assicurativo, e Accordi Economici Collettivi che valgono per tutti gli altri agenti; autonomia previdenziale rispetto all’Enasarco cui debbono aderire tutti gli altri agenti); ma anche dalla presenza di una norma di legge tutt’ora in vigore (il D.P.R. 387/1961), che introduce una disciplina per alcuni ma salienti aspetti distinta rispetto alla regolamentazione generale.

E di certo tale situazione distintiva non è venuta meno nemmeno in seguito alla revisione di alcune norme del codice civile in materia di agenzia, dovute al recepimento e all’applicazione delle novelle di fonte comunitaria. Infatti a sua volta, a livello europeo, l’agente di assicurazioni è stato disciplinato in maniera autonoma e con una legislazione specifica (negli aspetti principali codificata in Italia tramite il d.lgs. 209/2005, il c.d. Codice delle assicurazioni, e la regolamentazione Isvap-Ivass).

Ma quali sono queste peculiarità? Sono quelle che denotano l’agente di assicurazioni quale imprenditore professionale qualificato, che come tale si comporta contrattualmente – cioè economicamente e giuridicamente – sia verso la compagnia preponente sia verso i terzi (ad esempio il cliente-assicurato).

La direttiva 2002/92/CE impone che l’agente di assicurazioni sia dotato di un’idonea struttura di mezzi e uomini da lui organizzata.

È del resto il medesimo concetto che troviamo all’art. 1 ANA 2003, dove l’agente di assicurazioni viene definito come colui che “mette a disposizione del pubblico la propria competenza tecnica, svolge stabilmente in forma professionale ed autonoma l’incarico di provvedere a proprio rischio e spese (….) alla gestione e allo sviluppo degli affari di una agenzia”.

La giurisprudenza ha colto precisamente questa cifra distintiva, tanto da enunciare il principio per il quale, a differenza degli altri agenti, quello di assicurazioni “non promuove un singolo affare ma prima ancora la cultura assicurativa” (Cass. 9386/2001).

Del resto, secondo l’art. 106 d.lgs. 209/2005 l’attività d’intermediazione assicurativa dell’agente (come degli altri soggetti qualificati) ricomprende anche quelle attività rivolte al cliente per fornirgli quel sostanziale aiuto qualificato finalizzato non solo alla scelta e alla conclusione del contratto, anzi prescindendo da tale momento: attività che sono funzionali alla gestione del contratto assicurativo, ad esempio in caso di sinistro.

Con ciò, è evidente che l’attività propria dell’agente di assicurazioni non necessariamente è la promozione e il collocamento dei prodotti della preponente.

Anche per questo la  normativa di settore (codice delle assicurazioni e autorità di vigilanza) pone alcune regole di condotta direttamente ed esclusivamente in capo all’agente, in via disgiunta e autonoma rispetto alla mandante (ed anzi, a tutela di questa, oltre che del cliente). Viene così delineata una sfera di responsabilità qualificata, propria ed esclusiva dell’agente.

L’agente di assicurazioni è dunque un professionista dotato di una struttura organizzativa autonoma, della quale risponde personalmente verso i terzi, verso la mandante e verso l’autorità di vigilanza.

Questa autonomia imprenditoriale la si coglie leggendo l’art. 119 d.lgs. 209/2005, che disciplina la responsabilità degli operatori del mercato assicurativo per i fatti dei propri collaboratori. Compagnia e agente sono posti sullo stesso piano: entrambi rispondono per i fatti dei loro collaboratori iscritti nelle altre sezioni del RUI; mentre non v’è nessuna responsabilità della compagnia per i fatti del proprio agente.

Tale autonomia giuridica ha significato anche l’introduzione del divieto di monomandato in favore della preponente nei rami danni; e la possibilità per l’agente di collaborare liberamente, sia nei rami danni che nel ramo vita e senza il placet della preponente, con altri intermediari che siano mandatari di altre compagnie. Giuridicamente questo ha sancito la definitiva fine dell’integrazione dell’agente di assicurazioni nella rete distributiva della compagnia.

L’insieme di tutti questi elementi colloca l’agente di assicurazioni al di fuori dell’alveo della parasubordinazione definito dall’art. 409 c.p.c., e al di fuori del cono d’ombra delineato dall’art. 2049 c.c. che pone l’azione del preposto nel rischio d’impresa e nella sfera di responsabilità del preponente.

L’agente di assicurazioni è, in definitiva, un imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 2195 c.c. punto 2.
E, pertanto, si colloca in un rapporto giuridicamente paritario con la compagnia preponente: sono due imprenditori, reciprocamente autonomi e ciascuno dei quali responsabile della propria organizzazione, il cui contratto di agenzia si sostanzia in un contratto di distribuzione, o meglio ancora (non essendoci acquisto da parte del distributore dei beni distribuiti) di un contratto in materia di distribuzione.

E infatti – chiudendo così il cerchio e tornando alla disciplina collettiva di settore – l’art. 2 ANA 2003 delinea l’agente come colui che provvede a proprio rischio e spese, in via professionale, alla gestione e allo sviluppo dell’agenzia (cioè della propria impresa), agendo (in nome e) per conto di una compagnia; ma anche – si ricordi l’art. 106 d.lgs. 209/2005 – ponendo in essere attività di consulenza e assistenza in favore dei clienti, che possono prescindere dal collocamento di un prodotto per conto della preponente.

L’atto di agire per conto della compagnia, e quindi con riferimento alle attività che consistono nella promozione e nell’eventuale collocamento e gestione del prodotto assicurativo, è connotato (come noto) da uno specifico rapporto di fiducia, che fonda il contratto agenziale. Tanto è vero che la prassi (sia della disciplina collettiva sia della giurisprudenza) è quella di utilizzare, nella fase patologica del rapporto, la locuzione di “giusta causa”. Tale locuzione è presa in prestito dal mondo del lavoro subordinato. E tuttavia non va confusa e identificata con questa.

Da sempre, e sempre più, la giurisprudenza ha specificato che, al contrario della giusta causa del lavoro subordinato dove a prevalere è l’elemento soggettivo del fatto imputato al lavoratore, nel caso dell’agente ciò che rileva è invece l’elemento oggettivo. L’intuitus personae, dunque, e cioè il rapporto fiduciario, mentre nel lavoratore va inteso come la possibilità di fare affidamento sulla sua prestazione lavorativa; nel caso dell’agente va inteso come possibilità di farvi affidamento quale imprenditore in grado di gestire la propria azienda (l’agenzia) in maniera tale che questa adempia bene al mandato agenziale e non leda il nome e gli interessi della preponente.

Insomma: mentre il lavoratore risponde solo di se stesso, quale parte dell’organigramma che è il datore di lavoro a organizzare accollandosene quale imprenditore il rischio e la responsabilità ultima; l’agente, invece, risponde ‘da pari’, da imprenditore a imprenditore, e la sua esecuzione del contratto è quella di chi si assume in prima persona il rischio d’impresa e la relativa responsabilità verso la mandante e verso i terzi.

Questo vale tanto più per l’agente di assicurazioni, dal momento che, lungi dall’alveo della parasubordinazione e quindi della parziale analogia col lavoratore subordinato, è un imprenditore commerciale e un professionista – e a tale stregua la grave inadempienza dell’art. 1751 c.c. va valutata in base alle prestazioni sua e della sua organizzazione.

 

credits:
PAOLOEFISIO CORRIAS, Contratto di agenzia o contratti di agenzia? Alcuni spunti di riflessione, in Resp. civ. e prev., fasc. 1, 2012, pag. 0008B

ELISABETTA PIRAS, Il contratto di agenzia assicurativa, in Resp. civ. e prev., fasc. 12, 2011, pag. 2608B

GIUSEPPE SANTORO-PASSARELLI, Dal contratto d’opera al lavoro autonomo economicamente dipendente, attraverso il lavoro a progetto, in Riv. it. dir. lav., fasc. 4, 2004, pag. 543

FAUSTO MARCHIONNI, Note conclusive al Convegno Cesifin “Responsabilità dell’intermediario assicurativo”, Firenze, Palazzo Incontri, 4 luglio 2003

DELFINA BONI, Recenti sviluppi in tema di attuazione del diritto comunitario nell’ordinamento italiano, in Dir. Un. Eur., fasc. 4, 2001, pag. 641