L’istituzione testamentaria di un successore universale funge da revoca tacita degli eredi legittimi originariamente indicati come beneficiari della polizza vita?
Fra le questioni che nelle polizze vita hanno richiesto le maggiori riflessioni, va sicuramente enumerata la nomina del beneficiario, cui il contraente provveda non indicando nominativamente una o più persone, ma genericamente tutti quelli che siano suoi eredi.
Questa prassi ha più volte richiesto l’intervento della giurisprudenza, chiamata via via a esprimersi sulle conseguenze normative e sulle ricadute pratiche, la maggior parte delle quali relative:
a) al momento d’individuazione degli eredi: si deve fare riferimento alla stipulazione del contratto assicurativo, al decesso del contraente, alla stesura del testamento?
b) alla suddivisione pro quota della somma liquidata: va ripartita in parti uguali o secondo le quote successorie stabilite dalla legge o nel testamento?
c) alle modalità e formalità della revoca di uno o più beneficiari originariamente indicati come eredi: è sufficiente che questi vengano esclusi dalla categoria di successibili?
A) La giurisprudenza è da tempo stabile e costante nell’affermare che, quando come beneficiari di un contratto assicurativo vengano designati gli eredi legittimi, questi
“sono da identificarsi con coloro che, in linea teorica e con riferimento alla qualità esistente al momento della morte dello stipulante, siano successibili per legge, indipendentemente dalla loro effettiva chiamata all’eredità” (cfr. tra le più significative Cass. 25635/18; 26606/16; 6531/06; 9388/94)
In primo luogo, dunque, gli eredi legittimi designati quali beneficiari sono una categorizzazione che individua genericamente i soggetti che rivestano tale qualifica, non al momento della stipulazione del contratto assicurativo, ma al momento della morte del contraente assicurato.
Il che ha una logica evidente, volta a tutelare, tra i molti interessi, anche quello del contraente di beneficiare tutti coloro che rientrano nella categoria familiare e quindi in un ambito, non solo giuridicamente e socialmente, ma anche economicamente sensibile e specificamente tutelato dall’ordinamento: e quindi anche chi, ad esempio, al momento di sottoscrizione della polizza non sia ancora nato (si pensi a un figlio non ancora concepito); o, al contrario, per evitare di dover ridesignare i singoli beneficiari per la premorienza di qualcuno di questi.
B) Risponde alla medesima logica che la designazione dell’erede a beneficiario abbia effetti meramente contrattuali, ovvero sia di liquidazione e suddivisione della somma assicurata per il caso morte.
Del resto, ai sensi dell’art. 1920 comma 3 c.c. il beneficiario designato acquista un diritto proprio, che trova la sua fonte nel contratto. Tant’è che la somma liquidata in caso di morte del contraente assicurato rimane estranea all’asse ereditario. Ciò significa che gli eredi non potranno reclamare il capitale così liquidato in favore del terzo beneficiario, e quindi non potranno azionare la reintegrazione; né, parallelamente, potranno agire per collazione e riduzione qualora solo alcuni degli eredi siano stati designati anche quali beneficiari della polizza vita.
Ne consegue che anche la suddivisione della somma assicurata per il caso morte segue le ordinarie regole contrattuali: e cioè, a meno che non sia altrimenti previsto nell’atto di nomina del beneficiario, le quote di suddivisione debbono ritenersi uguali, e non invece computate in base alle regole successorie di devoluzione agli eredi legittimi o secondo le disposizioni testamentarie. Infatti, come da ultimo ha ben spiegato e ricordato Cass. 25635/2006
“la designazione dei terzi beneficiari del contratto, mediante il riferimento alla categoria degli eredi legittimi o testamentari, non vale ad assoggettare il rapporto alle regole della successione ereditaria, trattandosi di mera indicazione dei beneficiari medesimi in funzione della loro astratta appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto”.
C) Se dunque la designazione dei beneficiari col richiamo alla categoria degli eredi legittimi ha finalità endo-contrattuali inter vivos, e non comporta l’assoggettamento della nomina alle regole successorie, allora l’erede legittimo, anche se non effettivamente chiamato all’eredità, rimane comunque beneficiario del contratto assicurativo. Infatti, la designazione contrattuale degli eredi legittimi individua come beneficiari tutti coloro che siano successibili per legge, e cioè coloro che la legge definisce come eredi legittimi, a prescindere quindi dalle concrete vicende e disposizioni ereditarie.
Quali effetti hanno queste conclusioni qualora, successivamente alla designazione contrattuale degli eredi legittimi a beneficiari, il contraente di polizza rediga un testamento?
La questione non è di poco momento, dato che la legge riconosce al contraente assicurato la potestà di revocare e modificare i beneficiari di polizza originariamente designati. E che, come spesso avviene per gli atti giuridici, questa modifica o revoca può avvenire, non solo espressamente e formalmente, ma anche attraverso contegni e comportamenti successivi, che possano far ritenere manifestata per facta concludentia la volontà novativa o modificativa di quella manifestata in precedenza.
Ora, se è pacifico (e previsto per legge) che il contraente assicurato possa revocare e modificare i beneficiari della polizza vita anche per testamento, occorre capire se l’istituzione di un erede testamentario come proprio successore universale possa ritenersi anche quale revoca tacita dei beneficiari originari individuati in contratto negli eredi legittimi con contestuale designazione del nuovo beneficiario nell’erede testamentario.
A tale questione ha dato soluzione la già citata Cass. 25635/2006 che, in linea coi precedenti e con la logica ermeneutica di cui si è qui dato conto, s’è così espressa:
“la questione risolutiva concerne la interpretazione della clausola apposta nel contratto di assicurazione in caso di morte dell’assicurata, laddove individua i beneficiari negli eredi legittimi. Escluso, come si è detto, che l’attribuzione del diritto avvenga in applicazione e per effetto della disciplina che regola la successione ereditaria, il riferimento contenuto in tale clausola alla qualità di eredi (legittimi) integra un criterio di determinazione per relationem dei beneficiari in funzione della loro appartenenza alla categoria dei successori indicata nel contratto, non incidendo sulla fonte del diritto (che, come si è detto, è l’atto inter vivos). Peraltro, la individuazione dei soggetti designati – seppure va compiuta necessariamente al momento della morte dell’assicurato – non postula che i medesimi si identifichino, come invece sostenuto in sentenza, con coloro che siano effettivamente chiamati all’eredità: nell’ipotesi in cui siano individuati con riferimento alla categoria degli eredi legittimi, gli stessi sono da identificarsi con coloro che in astratto, seppure con riferimento alla qualità esistente al momento della morte, siano i successibili, e ciò indipendentemente dalla effettiva vocazione e anche se poi interviene una successione testamentaria; questa Corte ha precisato che quando la designazione sia avvenuta con il contratto di assicurazione, che è stato stipulato in epoca anteriore alla redazione del testamento, la volontà negoziale va correttamente interpretata, ritenendo che i beneficiari dovessero identificarsi negli eredi ab intestato, così da escludere rilevanza alla successiva istituzione testamentaria dell’attrice (odierna ricorrente), quale erede universale: infatti, “deve negarsi che, in difetto di alcun riferimento alla designazione formulata nel contratto, tale disposizione testamentaria possa di per se sola integrare univoca manifestazione di volontà di revoca, anche tacita, della (ovvero che sia incompatibile con la) designazione avvenuta nel contratto di assicurazione”, atteso che, per quel che si è detto, il diritto azionato dall’attrice trova fonte nel contratto di assicurazione stipulato dal(la) de cuius a favore dei terzi ivi indicati e pertanto, al momento della morte dell’assicurata, non rientra nel patrimonio ereditario”.