Come noto, in forza di quanto previsto dal primo comma dell’art. 1590 c.c.,
«il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l’ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto».
L’applicazione di tale disposizione di legge ha animato, in passato, un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, arricchitosi con il recente pronunciamento della Corte di Cassazione (ordinanza n. 6956 dd. 07.03.2019). La Suprema Corte, in particolare, ha avuto modo di evidenziare come qualora al momento della riconsegna dell’immobile locato quest’ultimo presenti dei danni eccedenti il normale degrado dovuto al suo utilizzo, il conduttore sarà tenuto al risarcimento del relativo danno. Tale danno – ed è qui l’aspetto più interessante della sentenza – include non solo il costo delle opere necessarie per ripristinare l’immobile allo stato precedente ma anche, in via ulteriore, il canone di locazione per tutto il periodo (mesi o frazioni di mesi) necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori.
Ai fini dell’ottenimento di questa ulteriore voce di danno, quella per l’appunto consistente nella corresponsione dei canoni di locazione per il – ragionevole – periodo in cui verranno svolti i lavori, sempre secondo la Corte di Cassazione il locatore non dovrà necessariamente provare di aver ricevuto da parte di soggetti terzi richieste per la locazione per quel medesimo periodo. In altri termini: si avrà diritto ad ottenere questa voce di risarcimento anche se non si proverà di aver dovuto rinunciare ad altre concrete offerte di locazione proprio per quell’immobile. Sul punto, il recente pronunciamento della Suprema Corte si inserisce all’interno di un solco giurisprudenziale già consolidato da tempo (nello stesso senso si registrano, ad esempio, le sentenze dei giudici di legittimità nn. 6798/93 e 19202/11), che dunque viene ulteriormente rafforzato e confermato.
Si riporta infine, per completezza, uno stralcio della pronuncia n. 6956/2019 qui in commento:
«Infatti, secondo un principio ormai generalissimo – codificato dall’art. 1591 c.c. – “il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto, fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno”. È palese, pertanto, che ogniqualvolta il locatore per fatto del conduttore, non può disporre della cosa locata, lo stesso ha diritto a conseguire “il corrispettivo convenuto”, nonché eventuali danni, ulteriori, ove ne dimostri l’esistenza. Sempre al riguardo – inoltre – non può tacersi che si ha “mancata disponibilità” della cosa locata non solo allorché, scaduto il termine per la restituzione il conduttore non vi provveda, ma anche tutte le volte in cui, per fatto imputabile al conduttore, il locatore non può trarre, dalla cosa, alcun vantaggio, come – ad esempio, nell’ipotesi in cui l’immobile presenti, alla riconsegna (e quindi dopo la restituzione, eventualmente ritardata a norma dell’art. 1591 c.c.) danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, con conseguente sua inutilizzabilità per tutto il periodo per il quale si protraggono i lavori di ripristino».
Da un punto di vista operativo, dunque, sarà importante per il locatore da un lato dare dimostrazione di aver consegnato l’immobile a determinate condizioni accettate dal conduttore – in tal senso, dunque, assume rilevanza decisiva tra l’altro il verbale di consegna o le specifiche pattuizioni di contratto – e, dall’altro, contestare e documentare tempestivamente i danni rilevati nell’immobile stesso. In tale contesto, come accennato, il locatore stesso avrà in linea generale diritto ad ottenere ristoro anche del danno consistente nella mancata locazione per il periodo necessario per portare avanti e concludere i lavori, purché ovviamente ciò avvenga in un tempo ragionevole.